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La sottomissione di Gioia
Gioia è una ragazza toscana, una mia assidua lettrice. La nostra conoscenza è cominciata per via dei suoi commenti ai miei racconti che inizialmente erano molto brevi ed asciutti con frasi come scrivi dei bei racconti complimenti.
Nel tempo lo scambio epistolare con Gioia si fa sempre più fitto non perché mi confidi chissà quali cose anzi le nostre conversazioni sono abbastanza banali, ma comincio a pensare che se mi scrive così spesso e soprattutto dopo poche ore o il giorno dopo aver scritto un racconto ci deve essere qualcos’altro sotto che non è il piacere della lettura o il volere conversare con l’autore. Decido quindi che la prossima volta che mi scriverà di provocarla per sapere qualcosa di più di lei.
L’occasione propizia non ci mette molto ad arrivare : dopo un racconto che avevo scritto mi manda una mail dicendomi che secondo lei la storia che avevo scritto pareva vera o per lo meno verosimile, allora le dico quella che è la verità , cioè i miei racconti prendono spunto da avvenimenti reali successi a me o ad altri a cui aggiungo elementi di fantasia. A questo punto decido di provocarla e di chiederle come mai legge i miei racconti e soprattutto perché li commenta così spesso, forse le piace la dominazione e lo dico con una battuta un po’ sarcastica. Lei allora mi dice che le storie di dominazione la eccitano, ma un po’ se ne vergogna e non ha il coraggio di confessarlo al suo fidanzato che ha un indole che può essere definita in qualsiasi modo, ma non dominante e che teme che non capirebbe. Mi racconta che col suo uomo si sono fidanzati tanti anni fa quando si erano conosciuti sui banchi di scuola, ma che la passione nel tempo si era consumata e che se anche continuava a stimarlo ed amarlo, sessualmente non riusciva più a godere quando faceva l’amore con lui e quindi cercava rifugio nella masturbazione, nella lettura di racconti erotici e in qualche scappatella tutte cose di cui lui era a conoscenza, che lo umiliavano, ma contro cui non osava protestare.
Comincia così una fitta corrispondenza epistolare con Gioia che mi racconta che quando legge i miei racconti si masturba, che quando legge di punizioni e sottomissioni la sua passerina reagisce in modo anche violento, ma soprattutto che gode di più masturbandosi nel leggere i miei racconti che fare l’amore con il suo fidanzato il che la intristisce molto. A questo punto pensando che Gioia vada solo sbloccata un po’ alla volta, ma che l’attitudine a essere una schiava c’è l’abbia tutta le chiedo se le piacerebbe cominciare un percorso di sottomissione insieme a me in quanto le dico che deve cominciare a pensare anche un po’ a se stessa. Gioia mi risponde dicendomi che le piacerebbe molto , ma che non aveva mai osato chiedermelo perché pensava che non avrei mai accettato potendo scegliere schiave con più esperienza di lei. Le dissi allora che potevamo trovarci a fare due chiacchere in un locale pubblico in cui le avrei spiegato meglio di come si potesse fare per mail, ma che si sarebbe dovuto presentare vestita con degli abiti che le avrei fatto recapitare se voleva ambire a diventare una mia schiava e a iniziare un percorso di sottomissione. Le inviai una minigonna, un top nero e uno slip aperto sulla passerina nero. Il top nero arrivava appena sotto le tette e lasciava ampiamente scoperta gran parte della pancia, la minigonna arrivava appena sotto il sedere dando ben poco all’immaginazione oer non parlare dell’intimo aperto sulla passerina che lasciava ben poco spazio alla fantasia.
Sapevo che uscire di casa in questo modo e soprattutto recarsi vestita così in un locale pubblico sarebbe stata una prova difficile per Gioia, ma necessario per testare la sua convinzione ad intraprendendere un percorso di sottomissione. Quando Gioia si vide arrivare a casa il pacco ovviamente anonimo con il contenuto mi scrisse una mail dicendomi che mai e poi mai sarebbe uscita di casa in quella maniera, io le risposi solamente che se voleva intraprendere un percorso di sottomissione con me lo doveva fare e che io comunque l’avrei aspettata nel locale previsto e nell’ora stabilita.
Il giorno indicato mi recai all’appuntamento con Gioia anche se con qualche dubbio se si fosse presentata veramente, ben sapendo che quello che le avevo chiesto era duro per lei, ma con mio enorme piacere la vidi arrivare vestita come le avevo chiesto segno che ormai la decisione l’aveva presa e aveva maturato un autocomprensione di quella che era la sua vera natura. La salutai in modo molto semplice senza particolare passione e ci sedemmo su un tavolino all’aperto. Anche se non lo dava a vedere Gioia si trovava in imbarazzo, infatti aveva gli occhi di quasi tutti i frequentatori del locale che a quell’ora del pomeriggio era un luogo di ritrovo dei teenager più in della zona che le guardavano in continuazione le tette e il culo. Gioia è infatti alta un metro settanta circa, capelli a caschetto, terza misura abbondante di seno, sederino leggermente abbondante, ma non eccessivamente.
Inizialmente impostai la conversazione su argomenti abbastanza innocenti facendole domande sui suoi hobby, sul suo lavoro per metterla più a suo agio. Quando vidi che si era sciolto cominciai a spiegarle a grandi linee cosa significa intraprendere un percorso di sottomissione e divenire una mia schiava, ma ormai era pronta a tutto mi disse altrimenti non si sarebbe mai presentata in un luogo pubblico vestita in quella maniera.
Dopo il primo incontro con Gioia durante il quale mi aveva parlato di lei, delle sue tensioni, delle sue pulsioni, dell’intesa sessuale col suo fidanzato, dell’insoddisfazione sessuale reciproca, dei tradimenti che gli aveva fatto e che lui conosceva , decisi che il primo passo per un addestramento che portasse Gioia a essere una schiava oltre che nel corpo anche nella mente doveva essere un incontro anche col fidanzato in una situazione in cui quello che mi aveva raccontato fosse diventato evidente e plastico.
Organizzai quindi una serata invitando sia Gioia che il fidanzato in una nota discoteca fiorentina e in quell’occasione ordinai a Gioia di presentarsi vestita come al nostro primo incontro cioè una minigonna molto corta appena sopra il sederino, un top nero e un slip nero aperto proprio all’altezza della passerina.
La serata cominciò in modo molto tranquillo come fossimo dei vecchi amici che si ritrovano dopo tanto tempo, a un certo punto decisi però di sviare la conversazione chiedendo come fosse il loro rapporto sessualmente parlando. Gioia sapeva che volendo diventare una mia schiava non poteva rispondere in modo comprensivo e disse che ormai il fidanzato non la faceva più godere, che sessualmente era sempre di più un disastro, che si era presa qualche scappatella e che era ora di finire con questa ipocrisia. Federico quasi piangendo rispose che era tutto vero e che il problema era nato quando aveva scoperto la sua natura di sottomesso o meglio di cuckold e il sesso fatto in modo tradizionale non lo eccitava più, però finora le scappatelle di Gioia erano un altra cosa in quanto non era mai stato umiliato davanti a un suo amante come avveniva in questo momento. A questo punto lo corressi dicendo io non sono l’amante della tua fidanzata, io sono il padrone della tua fidanzata. Questa affermazione lasciò atterrito Federico che chiese conferma a Gioia che prima di rispondere stette un attimo in silenzio, mi guardò negli occhi, ma poi rispose che era vero che lei era diventata la mia schiava e che se lui voleva continuare a essere il suo fidanzato avrebbe dovuto accettare la situazione, ben sapendo che tutto quello che avrebbe potuto continuare a fare con la sua fidanzata sarebbe dipeso dal mio consenso. Federico rimase in silenzio per l’umiliazione, mai avrebbe pensato che Gioia sarebbe arrivata fino a questo punto. Intervenni allora io dicendo che avrei portato a ballare, la sua fidanzata, ma prima per fargli vedere cosa era diventata Gioia le sollevai la gonna e gli feci vedere che tipo di slip le avevo ordinato di portare. Vidi la faccia scioccata e affermai vieni cagna che andiamo a ballare intanto che il verme del tuo fidanzato ci pensa. Per umiliarlo ancora di più ballammo molto vicino al tavolo che avevo prenotato e dove stava Federico .Quello tra me e Gioia fu un ballo molto sensuale in cui più volta strusciavo i miei organi sessuali sul suo sedere e sulla sua passerina fino a che misi anche mano sulla sua passerina che si era visibilmente eccitata. Dopo poco tornammo al tavolo e ordinai a Gioia di far sentire al suo fidanzato come l’avevo eccitata a differenza di quello che riusciva a fare lui. Gioia mise un dito dentro la passerina e glielo fece annusare per farli sentire i suoi umori, ma decisi di infierirle dicendogli i di leccare il dito per sentire meglio gli umori della sua fidanzata.
Federico anche se balbettando prese la parola e disse che pur di non perdere la sua fidanzata avrebbe accettato questa nuova vita, allora io risposi che si poteva tornare a casa e che sei sarei andato a trovarli il pomeriggio successivo.
Tra le cosce di Natalia.
Mentre Sabrina era a casa a fare l’amore con Giuliano, io ero a cena a casa di Cinzia, la mia partner in affari. Con noi, oltre a suo marito Pippo, c’era anche Natalia, la ragazza ucraina che mi aiutava in cucina, e con cui avevo instaurato un rapporto molto particolare. Infatti a lei piaceva esibirsi e a me piaceva guardare, quindi avevamo questo tacito accordo per cui lei si lasciava ammirare nuda e in posizioni piuttosto ambigue, e io guardavo senza però prendere alcuna iniziativa. E devo dire che questo rapporto funzionava perfettamente, perché appagava sia me, che ero un guardone patologico, sia lei che era un’esibizionista senza scrupoli. Devo dire che l’esserci incontrati era stato per entrambi una fortuna davvero notevole; per un’esibizionista come Natalia infatti aver trovato un uomo che si accontenta di guardare senza avere lo stimolo di fare altro doveva essere stato un vero colpo di fortuna, come lo era stato per me, che ero un guardone e avevo incontrato una ragazza giovane e con un corpo divino che si lasciava ammirare così come la mamma l’aveva fatta.
Quel pomeriggio, infatti, prima che il ristorante aprisse i battenti, io e Natalia avevamo dato una pulita alla cappa di aspirazione. Per fare ciò lei si era arrampicata sui fornelli, e vorrei farvi presente che aveva i tacchi a spillo, quindi vi lascio immaginare la sua incredibile agilità, dovuta forse al suo corpo snello e atletico. E inoltre vorrei anche farvi notare la sua incredibile abilità nell’indossare i tacchi a spillo nonostante il duro lavoro che le si presentava quotidianamente in cucina. Per lei i tacchi a spillo erano quasi un’estensione del corpo. Quasi come se con quel tipo di scarpe ci fosse nata. Per cui la vidi montare sui fornelli, e io ero sotto di lei, e lei aveva le gambe divaricate per mantenersi in equilibrio, e aveva una minigonna che mi permise di ammirare i suoi buchi paradisiaci. Non indossava nulla, per cui praticamente era come se me la stesse sbattendo in faccia, e io quasi potevo sentirne il profumo, e mi sarebbe bastato allungarmi un po’ per appoggiare la bocca sulla sua deliziosa fighetta. Ma ovviamente non potevo farlo, perché non faceva parte del gioco. Quale gioco? Il “nostro” gioco. Lei mi stava permettendo di guardare quel meraviglioso spettacolo della natura ma ad una condizione, e cioè che non dovevo toccarlo. Potevo sentire il profumo, il calore sul mio viso, riempirmi gli occhi con tutto quel ben di dio, e basta. Queste erano le regole.
E mentre si dava da fare io da sotto guardavo quel paesaggio idilliaco, che un giorno avrebbe reso felice un uomo, perché Natalia non era fidanzata ma ero certo che un giorno quel corpo divino avrebbe incontrato un uomo che l’avrebbe resa moglie e madre. E mi venne quasi istintivo afferrarle le caviglie per aiutarla a stare in equilibrio, e lei mi guardò con la coda dell’occhio quasi in cagnesco, come per appurarsi che in quel gesto non ci fosse alcun tentativo di appropriarmi del suo corpo. A quel punto lasciai subito la presa. Non era mia intenzione farla innervosire. E infatti lei ritornò tranquillamente a fare il lavoro che stava facendo. Avevo recepito il messaggio. Non dovevo toccare, per nessuna ragione al mondo. Ma il mio, vi assicuro, non era stato un gesto dettato dalla volontà di prenderla, lo avevo fatto semplicemente perché ero stato attirato così tanto da volermi avvicinare e godere maggiormente del suo corpo così perfetto. Quasi come quelle persone che vanno nei musei, e si avvicinano così tanto ai quadri per studiarne tutte le sfaccettature, e che quindi non volendo fanno s**ttare l’allarme di sicurezza. Perché Natalia era appunto come un quadro di inestimabile valore: lo potevo guardare, ma senza avvicinarmi troppo, altrimenti sarebbe s**ttato l’allarme e sarei stato buttato fuori dal museo.
Per quanto riguarda la cena a casa di Cinzia non ho molto da raccontarvi. Fu una normalissima cena tra colleghi in cui si parlò molto di lavoro. Cinzia era piena di idee per rendere più accattivante il locale, come per esempio quella di creare una piccola stanzetta con un vetro che permetteva ai clienti di guardare ciò che succedeva dentro. All’interno ci sarebbe stata una coppia, da noi selezionata e ben retribuita, che ogni sera avrebbe intrattenuto i nostri clienti facendo l’amore di fronte a loro. L’idea mi piaceva davvero molto, era incredibilmente originale, soltanto che appunto bisognava trovare una coppia (meglio se una coppia reale e non una coppia costruita a tavolino) che accettasse di lasciarsi guardare mentre lo faceva. Ma Cinzia con il suo tipico cinismo mi disse che questo non sarebbe stato un problema, perché con il denaro si può comprare tutto, anche una coppia di innamorati. Cinzia di fronte al denaro e agli affari diventava materialista e insensibile, sembrava quasi Crudelia De Mon, e io infatti ci scherzavo e la chiamavo in quel modo, e lei scoppiava a ridere ogni volta che lo facevo.
Dopo cena riaccompagnai Natalia a casa, dove però trovammo una spiacevole sorpresa. La scala che portava al piano rialzato dove si trovava il suo appartamento era crollata a causa dell’umidità. Per fortuna nessuno si era fatto male. Tutti i suoi vicini si erano radunati insieme ai vigili del fuoco per vedere cosa era successo. Il guaio era grosso e c’era bisogno certamente di una bella sommetta di denaro per rimettere tutto a posto. Purtroppo le case di quel quartiere erano un po’ vecchiotte e non sempre venivano fatti i lavori di manutenzione, per cui cose di quel tipo succedevano spesso.
“E adesso?” mi chiese Natalia, e a quel punto fece una cosa che non mi sarei mai aspettato, si gettò tra le mie braccia e quasi stava per mettersi a piangere. “Come farò? Dove andrò a dormire?”.
Ero molto a disagio, perché quell’abbraccio non rientrava nei canoni del rapporto che si era instaurato tra me e lei. Il nostro tacito accordo prevedeva che non doveva esserci alcun contatto, e invece lei si era letteralmente abbandonata a me, quasi come una gatta che cerca il calore del suo padrone, e quindi gli salta addosso in cerca di affetto. E devo confessarvi che quel contatto, il fatto di sentire il suo corpo premuto contro il mio, mi fece avere un incredibile erezione. Ma lei forse non se ne era accorta. O forse sì, ma fece finta di niente, chi lo sa. Ma Natalia era bella da morire, aveva un corpo che esprimeva molto erotismo, e quindi non potevo rimanere indifferente a quell’abbraccio. Ma cazzo, poteva essere mia figlia per quanto era giovane. Natalia infatti aveva la stessa età di Moana. Avrei fatto bene a darmi una calmata.
“Non preoccuparti” le dissi. “Verrai a stare da noi, fino a quando le cose non si sistemeranno”.